Forse il titolo corretto doveva essere “cosa succede tra Biden e Netanyahu” ma siccome la decisione di Biden di bloccare l’invio di bombe verso Israele danneggia tutto il Paese e non certo Netanyahu, ho ritenuto più giusto titolare in questo modo.
E si perché l’ormai palese incompetenza dell’uomo al comando di Israele sta portando lo Stato Ebraico verso quell’isolamento che purtroppo si temeva e si profetizzava già da un po’.
La decisione di Biden, comunque gravissima e veramente stupida, non fa altro che galvanizzare i nemici di Israele, a partire da Hamas che vede coronato un suo sogno (obiettivo) ma soprattutto galvanizza Hezbollah che fino ad ora si era tenuto sapientemente ai margini del conflitto e che ora potrebbe invece decidere di fare il grande passo.
Non è infatti una novità che Israele abbia tenuto immagazzinate tonnellate di bombe nella previsione di un conflitto su larga scala con Hezbollah, magazzini dai quali ha già attinto per la guerra con Hamas e che ora rischia di intaccare ulteriormente se Biden non dovesse recedere dalla sua decisione o, addirittura, dovesse decidere di non fornire armi offensive a Israele.
Ora, per gli spacconi del “attacchiamoli tutti”, una guerra con Hezbollah non è minimamente paragonabile alla guerra con Hamas.
Hezbollah ha un arsenale di oltre 150.000 missili, dei quali moltissimi trasformati in missili di precisione dai solerti ingegneri iraniani. Ha circa 30.000 effettivi perfettamente addestrati che si sono fatti le ossa in Siria contro l’ISIS. Niente a che vedere con Hamas.
Funzionari e analisti israeliani hanno affermato che la capacità a lungo termine del Paese di combattere la guerra su più fronti potrebbe essere minacciata se il presidente Biden mantenesse la sua minaccia di sospendere ulteriori consegne di armi nel caso in cui Israele lanciasse un attacco su larga scala alla città di Rafah.
Anche se nessuno lo dice, in Israele sono preoccupatissimi soprattutto per il segnale che Biden lancia al cosiddetto “asse della resistenza”, un segnale di estrema debolezza che rischia nel breve periodo di peggiorare la situazione perché sta dicendo che secondo gli americani Israele si può difendere solo fino a un certo punto o, peggio ancora, che non può contrattaccare.
Oggi Netanyahu ha ripubblicato su X il suo discorso tenuto in Israele in occasione del Giorno della Memoria dell’Olocausto in una risposta implicita a Biden. “Dico ai leader del mondo che nessuna decisione presa da nessun forum internazionale impedirà a Israele di difendersi”, afferma nel discorso. “Se Israele è costretto a restare da solo, Israele resterà da solo”, ha detto.
Biden in un’intervista alla CNN andata in onda mercoledì sera negli Stati Uniti ha detto che si rifiuterà di inviare altre bombe e proiettili di artiglieria a Israele se procederà con un’operazione a Rafah.
La domanda ora è come Netanyahu risponderà all’ultimatum di Biden. Il primo ministro israeliano sostiene da mesi che attaccare Rafah e distruggere le restanti forze di Hamas è una parte essenziale del suo piano per ottenere quella che lui chiama “vittoria totale” sul gruppo terrorista.
Tuttavia fonti dell’intelligence israeliana e statunitense affermano che la distruzione totale di Hamas è probabilmente fuori portata, con o senza l’operazione Rafah.
Se Netanyahu dovesse ignorare l’avvertimento di Biden, molto probabilmente si troverebbe ad affrontare inquietudine all’interno dell’establishment della difesa israeliano e all’interno del suo stesso gabinetto di guerra, che comprende due leader centristi che spingono per buone relazioni con gli Stati Uniti.
In ballo c’è moltissimo. L’amministrazione Biden deve decidere cosa fare dei futuri previsti trasferimenti di armi. L’amministrazione sta attualmente valutando il trasferimento di oltre un miliardo di dollari in nuove armi per Israele, tra cui munizioni per carri armati, veicoli militari e colpi di mortaio. Il Dipartimento di Stato sta inoltre esaminando un accordo separato per le armi di precisione destinate Israele.
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