Iran, il gran burattinaio di tutte le guerre in Medio Oriente. Iran, che con i suoi proxy sta tenendo in scacco mezzo mondo. Iran, finalmente tirato in quella guerra che ha fortemente voluto, sponsorizzato e provocato armando il massacro del 7 ottobre.
L’attacco estremamente mirato di ieri al consolato iraniano di Damasco, dove è morto Mohammad Reza Zahedi, un alto ufficiale dei Guardiani della Rivoluzione iraniana (IRGC) insieme ad altri sei suoi colleghi della forza Quds, il ramo della IRGC che si occupa di operazioni all’estero, è stato molto significativo perché va a rompere le uova nel paniere dell’Iran che contava di continuare a rimanere fuori dal conflitto pur dirigendone tutti gli sviluppi attraverso i suoi proxy.
A differenza di altri attacchi mirati, questo è molto più importante perché colpisce una sede diplomatica di Teheran in Siria, un paese completamente in mano agli iraniani.
È una escalation? Certamente si, ma è una escalation necessaria proprio per stanare Teheran, per costringere gli Ayatollah a venire allo scoperto senza nascondersi vigliaccamente dietro i tanti gruppi del terrore che lavorano per l’Iran.
Personalmente lo dissi nel dicembre scorso che era arrivato il momento di portare la guerra in Iran, non per un improvviso sentimento guerrafondaio, ma perché mi pareva logico far provare la guerra a coloro che l’avevano studiata e provocata nei minimi dettagli, comprese le campagne mediatiche che ne sono seguite.
Quindi questa operazione non può che farmi concordare con chi l’ha pianificata e messa in atto, chiunque essi siano, americani, israeliani o marziani.
Teheran ha puntato subito il dito su Gerusalemme, lo avrei fatto anche io. Ma da Israele non arriva nessuna conferma, come sempre in questi casi. Ma sarebbe sinceramente ridicolo nascondere l’evidenza. Quindi, ben fatto Israele, ora la palla passa agli Ayatollah ed è una palla davvero rovente.