L’incidente di ieri avvenuto durante una distribuzione di aiuti umanitari e che ha portato Israele ad essere messo alla berlina da tutto il mondo, compresi i pochi amici rimasti, dimostra in maniera spietata come a Gerusalemme non abbiano nessun piano su come gestire la Striscia di Gaza.
Anzi, sembra che gli unici ad avere un piano per la gestione della guerra siano i terroristi di Hamas, prontissimi come sempre a sfruttare gli ormai cronici errori di Israele per isolare ancora di più lo Stato Ebraico di fronte al consesso internazionale.
Il Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, rende davvero difficile la difesa di Israele nel settore dell’informazione. Siamo accerchiati dalle notizie diffuse da Hamas e per quanto puoi fare per “sbufalare” le loro informazioni sempre più palesemente gonfiate, non riesci perché a Gerusalemme c’è una banda di estremisti convinti di poter usare il 7 ottobre come una clava per la costruzione del “grande Israele” e qualsiasi cosa tu faccia per rendere giustificato l’intervento israeliano a Gaza, loro la distruggono.
Non hanno un piano né per Gaza né per il fronte nord. Non riescono a buttare fuori da Gaza i terroristi di Hamas così come non riescono a far indietreggiare Hezbollah dietro la linea blu in Libano. Non hanno intelligence sul terreno per ritrovare e liberare gli ostaggi. Ormai è palese.
Tutta la gestione del conflitto, sia a livello militare che politico, è un totale fallimento che sta portando Israele ad un isolamento a livello globale, abbandonato anche dagli amici più stretti.
Solo poche ore fa gli Stati Uniti hanno usato il loro potere di veto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per bloccare una risoluzione proposta dai paesi arabi che accusava i soldati israeliani di aver sparato deliberatamente sulla folla, ma hanno ammesso di trovarsi sempre più in imbarazzo e in difficoltà nel difendere Israele.
Puoi andare in giro a spiegare che buona parte di quelle morte civili è da attribuirsi ad Hamas che usa la popolazione come scudi umani o che lancia razzi che ricadono sulla Striscia di Gaza, nessuno ormai ti ascolta più o ascolta le tue ragioni, nemmeno chi fino a pochi giorni fa si dichiarava «amico di Israele senza se e senza ma».
Ieri si è rifatto vivo Yahya Sinwar per dire che va tutto bene, che tutti questi morti servono a fare pressione su Israele e che quindi sono una buona cosa per Hamas. Nessuno ci ha fatto caso o se ci hanno fatto caso non gli hanno dato importanza. Il leader di Hamas che gioisce per tutti questi morti civili e nessuno gli da peso. Ma vi rendete conto a che punto di isolamento è arrivato Israele?
Le responsabilità oggettive di Netanyahu, politiche e militari, su quanto avvenuto il 7 ottobre non sono bastate a fornire uno scatto di orgoglio al Premier israeliano per spingerlo a dimettersi. Ma almeno si sperava che nelle vesti di “comandante in capo” avesse un minimo di pianificazione e che potesse rifarsi degli errori che hanno portato al 7 ottobre (dallo spostare le truppe a difesa delle colonie in Cisgiordania al fidarsi troppo di Hamas).
Invece dopo tre mesi di guerra, migliaia di vittime, centinaia di soldati israeliani morti, non riesce a pianificare uno straccio di intervento umanitario di emergenza, non riesce a riportare a casa gli ostaggi e dopo aver raso al suolo l’intera Striscia di Gaza, Hamas è ancora vivo e vegeto in quei sotterranei costruiti proprio sotto il naso di Netanyahu.
Fino ad oggi tutta l’informazione filo-israeliana si è guardata bene dal chiedere le dimissioni di Netanyahu, perché non si chiedono le dimissioni del comandante in capo durante una guerra. Ma è arrivato il momento di rompere questo tabù e di ammettere che l’attuale guida di Israele non è all’altezza del drammatico momento che sta vivendo lo Stato Ebraico.